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Evento e rappresentazione: una questione
di Pierantonio Tanzola*

12 marzo 2016


Esiste la possibilità di rappresentare gli eventi durante il loro presentarsi?
Rappresentare un fenomeno significa dare sempre e comunque un’interpretazione; da ciò se ne deduce che per carpire un evento che si presenta nell'immediato tramite segni e codici si crea un fenomeno, analogia che riguarda indubbiamente il medesimo evento ma che appunto lo ri-guarda, non lo è immediatamente.
Il metodo creativo contemporaneo – intendo per metodo il criterio con cui si realizza un’opera nata da un pensiero — ha una grammatica precisa. La rappresentazione realizzata mediante segni oramai assimilati dalla cultura dominante è la condizione necessaria per la lettura dell’opera.
Ma questo metodo ha a che vedere con una stanca visione dei fenomeni i quali vengono descritti con un linguaggio autoreferenziale, antropocentrico, dove l’uomo è il demiurgo di un nuovo fenomeno — l’opera d’arte — creato dall’evento esperito. Qualsiasi atto creativo, quindi, è dichiarato mediante segni già decrittati, non ponendosi più il problema del segno in sé. Usiamo simboli, metafore, analogie, similitudini per relazionare la percezione dei fatti con la rappresentazione dei fatti stessi.
Ma all’origine dei linguaggi cosa esiste?
È possibile descrivere un evento senza l’utilizzo di segni?
Mi chiedo, quindi, come agire per riuscire a non presentare un evento nell'immediato attraverso la nostra esperienza e la successiva rappresentazione di un fenomeno e cioè presentando l'evento per mezzo di un linguaggio che è fenomeno esso stesso.
L’uomo dà significato al mondo attraverso segni; dare significato vuol dire spiegarsi il perché dei fenomeni. Ogni linguaggio si fonda su percezioni visive ed emozionali che daranno atto alle esperienze. Queste porteranno a una concettualizzazione del fenomeno che sarà o razionale, pragmatica oppure psicologica, sentimentale. Una mano esaminata in modo pragmatico è un insieme di carne, ossa, tendini, sangue e così via, mentre osservata attraverso uno sguardo più emozionale può diventare creatrice di tenerezza per mezzo di una carezza, sostenere genialità suonando al pianoforte un’opera musicale o portare violenza sferzando un pugno.
Rappresentare un evento significa dissociare ciò che la realtà esprime nella sua essenza con la traduzione che noi diamo di tale evento per mezzo di un linguaggio.
Una foglia che cade da un albero nel suo presentarsi è l’insieme del suo movimento, del tempo che intercorre tra il distacco dal ramo e l’adagiarsi sul terreno e gli eventuali suoni-rumori che l’accompagnano. Insomma quello che viene chiamato “il divenire”.
Rappresentarlo significa esprimerlo per mezzo di un linguaggio che ha in sé la peculiarità di dare significato alla proposizione che esprime l’evento.
Le varie arti hanno una loro peculiarità tecnica, una loro specifica sintassi che permette di tradurre l'evento esperito, rappresentandolo attraverso un fenomeno, costruendo così un sistema leggibile a chi ne riconosce la grammatica.
Ci sarà, quindi, una separazione tra l’immediato dell’evento e ciò che lo rende decodificato, creando in questo modo un mondo parallelo a quello naturale, dando origine a una ineluttabile interpretazione dell’evento.
Diventa così manifestazione di un soggetto che si esprime.
L’evento è una presenza pura, è l'immediato, non dà spiegazione, si presenta e basta. Solo mediante la nostra esperienza e la conseguente elaborazione mentale diamo riconoscibilità a ciò che accade.
Quando noi rappresenteremo la foglia di un albero che cade a terra, non facciamo altro che mostrarla attraverso segni creati dalla nostra capacità di analisi. Non saremo in grado di tradurre l’evento se non ancora esperito, poiché è la significazione dell’evento stesso che dà la maniera di rappresentarlo. Se fossimo di fronte ad un fenomeno a noi ancora sconosciuto, per poterlo tradurre cercheremo nel nostro archivio mentale un possibile fenomeno simile il quale, tramite la sua somiglianza, ci darebbe modo di classificare tale evento. Questo metodo potrebbe, però, fallire in quanto non sempre la somiglianza è sinonimo di uguaglianza. Non avremo ancora, perciò, i segni adatti a tradurre il fenomeno.
In alcuni linguaggi — arte, politica — l’uomo tende a creare fenomeni incomprensibili. Chi per sperimentare nuove strade, chi per portare a proprio vantaggio gli effetti. In questi casi si affronterà l’evento con stupore, destabilizzazione, spiazzamento: tutti atteggiamenti che rendono il lettore indifeso e per questo manipolabile da chi adotta tale linguaggio. Solo dopo l’identificazione dell’evento e la sua concettualizzazione il lettore avrà consapevolezza dell’accaduto.
Sono libero, quindi, se mi esprimo con lo stesso linguaggio utilizzato dal sistema, con la conseguente condizione di poter essere ricattabile e controllato?
Posso ancora esprimermi liberamente se a una domanda del sistema offro una creazione adoperando l’identico linguaggio in cui si esprime il sistema, il quale richiede rappresentazioni di fenomeni ben riconoscibili, decifrati e consolatori?


* Pierantonio Tanzola (Udine, 5 maggio 1963) è pittore, fotografo e filmaker. Vive e lavora a Padova. Ha esposto le sue opere in prestigiose gallerie italiane ed estere. Collabora con alcune riviste letterarie tra le quali Panta (Bompiani), Nuovi Argomenti (Mondadori). Con lo scrittore Marco Mancassola ha pubblicato il libro Il ventisettesimo anno (Minimumfax 2005), dove sono inserite alcune sue fotografie. Come filmaker realizza Omissis; I frutti del fuoco; Carol Rama – Novanta e il film intervista sul grande artista Antonio Lopez Garcia. Nel 2011 il Vittoriale degli Italiani gli commissiona il docu-film Sebastiano. Collabora con la casa editrice Allemandi eseguendo ritratti fotografici per le monografie su artisti contemporanei. Per SEA aeroporti Milano e la Provincia di Milano ha realizzato il servizio fotografico e il documentario dedicati a I sette Savi, di Fausto Melotti, con la cura di Angela Vettese.




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