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2012


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Introduzione a Louis Wolfson
di Giacomo Conserva

7 ottobre 2012


Forse in un torrente di luce bianca


Un americano che scrive in francese, che si presenta come ‘lo studioso di lingue schizofrenico’ o le jeune öme sqizofrène, che ha intrapreso una lotta senza quartiere contro la lingua materna, la lingua della madre, inventando procedure per sopprimerne/deviarne l’impatto sonoro, fonematico e semantico: dal tapparsi le orecchie con le dita al produrre suoni di disturbo al mettere tappi di cera o auricolari radio o di registratori accesi in permanenza e ad altissimo volume, a tecniche per distrarre la propria attenzione, a procedure per convertire le parole e le frasi, pezzo a pezzo o nel loro insieme, in un mix di altri fonemi/altre lingue (istantaneamente o dopo una complicata serie di trasformazioni); che chiede al padre di rispondergli in yiddish (la lingua originaria del padre, emigrato dalla Lituania) mentre lui gli parla in tedesco (le due lingue hanno un elevato tasso di affinità); che sogna di instaurare una qualche forma di comunicazione con la madre (che per il resto, per tutta una fase almeno, elimina totalmente) utilizzando il russo, che lui studia ora e che lei, ebrea della Bielorussia, conosceva nell’infanzia... Mentre lui studia francese, tedesco, russo, ebraico...

Un’eredità letteraria affascinante, incarnata in due narrazioni in progress, con revisioni, aggiunte, nuove edizioni: Le Schizo et les langues, del 1970, di cui preparò un seconda versione intitolata L’èpileptique sensoriel schizophrène et les langues etrangères ou Point final à une planète infernale (L’epilettico sensoriale schizofrenico e le lingue straniere o Punto finale a un pianeta infernale) – ne apparvero svariati frammenti su “Change” nel 1977-78 e, più tardi, tradotti in inglese, su “Semiotexte” – e una disperata cronaca/elegia dedicata alla malattia e morte della madre per mesotelioma intestinale, del 1984, Ma mère, musicienne, est morte da maladie maligne mardi à minuit au milieu du mois de mai mille977 au Mouroir Memorial a Manhattan ou Exterminez l’Amérique (Mia madre, musicista, è morta di morbo maligno martedì a mezzanotte a metà del mese di maggio mille977 nel Moritorio memorial a Manhattan ovvero Distruggete l’America), dove parla però anche del suo scommettere alle corse di cavalli, dove fantastica attentati, dove si occupa intensamente di politica, di economia, della intollerabile situazione degli umani sul pianeta, per cui sogna un liberatorio annichilimento nucleare. Tratti di romanzo picaresco si incrociano con paranoia critica daliniana, un personaggio di Beckett che è una persona reale, squallide descrizioni matter of fact di scene di vita quotidiana (anche luminose), di incontri, eventi, cui il grande romanziere newyorchese Paul Auster fu tra i primi a rendere omaggio.

Una serie di migrazioni successive, da Queens a Montreal, dopo la morte della madre (là si parla francese) a Portorico, vicino all’osservatorio stellare di Arecibo, avendo infine vinto all’ennesima lotteria elettronica tre milioni di dollari. E diverse opere teatrali ispirate ai suoi scritti, un film in preparazione, una nuova edizione aggiornata del secondo libro appena pubblicata in Francia. Poi c’è la miseria: gli studi universitari interrotti, il degrado fisico, svariate autotorture, i ripetuti ricoveri psichiatrici, il guardare dalla finestra le scene di quartiere o caseggiato sempre con il registratore acceso ad alto volume nelle orecchie, paura di contaminazione dalle larve, orge alimentari, una strana forma di sessualità (o non sessualità), una strana speranza di un qualche futuro diverso. La continua attività mentale per “distruggere” l’inglese o annullare le presenze maligne attorno; e l’arte dello scrivere, infine, non ostante tutto (mai dichiarata, mai rivendicata).

I suoi libri – e per le caratteristiche interne e per la Wirkungsgeschichte, gli effetti prodotti – sono un po’ Le memorie del Presidente Schreber del nuovo millennio (1); non a caso hanno, fra gli altri, suscitato l’interesse dell’eminente analista Jean-Bertrand Pontalis (che fece stampare una prima tranche di 80 pagine di Le schizo et les langues su “Les Temps Modernes” nel 1964, e lo pubblicò infine, sei anni dopo, nella collana da lui diretta presso Gallimard), di Deleuze (che scrisse l’introduzione all’edizione del 1970, molto, molto più tardi ri-scritta per Critica e clinica), di Foucault, del Lotringer di “Semiotext(e)”, dei curatori del Dossier Wolfson della Gallimard (2009) – fra i quali ricompare Pontalis stesso –, di Tobie Nathan, etc. etc.. E vivissimo e diffuso è stato l’interesse per la nuova edizione di Ma mère.... In Italia abbiamo fra l’altro avuto una traduzione di Ma mère... a cura di Giancarlo Pavanello, nel 1987; un’azione scenica di Nelo Risi nel 1978, Otto, per la compagnia di teatrodanza Kinkaleri, nel 2000 (Premio Ubu). Poi una storia a venire... un saggio di Marco Baldino (ora nel suo Margini e paraggi, Aracne 2012); svariate email e interventi in gruppi di discussione; un articolo di Pietro Barbetta sul “Manifesto”, che riproponiamo qui e, prima, un saggio di Enrico Valtellina («Foucault: Briquet, Roussel, Wolfson») che riproponiamo pure. Sul sito “Oltre la società psichiatrica avanzata” (gconse.blogspot.it) ho dedicato molti post, di svariata natura, a Wolfson; in ogni caso posso dire di averci sempre messo, oltre alla ricerca e alla scoperta, un supplemento (per dirla con Rousseau) di immagini (la bellezza salverà il mondo?) che mi giustificano forse nel riportare qui sotto i link a questi miei contributi. Prossimamente, nella puntata due, proporrò un abbozzo di bibliografia e sitografia commentate. Ho ordinato a la seconda edizione di Ma mére... (2). Stiamo cercando, in diversi, di fare pubblicare in italiano Le schizo et les langues.


Note

(1) Si veda, in questo stesso sito, il mio «Breve nota su Daniel Paul Schreber e il c.d. ‘Caso Schreber’, e cose correlate» — che mi è parso bene scrivere e inserire per fornire ad altri, e a me stesso, qualche strumento di comprensione in più.

(2) La nuova edizione di Ma mère... è per me una scoperta: totale lucidità, grottesco, humor nero, rabbia; tonalmente del tutto diversa da quella del 1984; una assoluta e consapevole volontà di scrittura; mi ricorda la prima volta che, a 19 anni o giù di lì, presi in mano quel libro meraviglioso e terribile che è The naked lunch, di William Burroughs.




Da “Oltre la società psichiatrica avanzata“:


Le Schizo et les langues / Louis Wolfson Matériaux
Extraits... Le jeune homme psychotique se trouvait fort gêné parce que son hôtesse, sa mère, pouvait éclater à n'importe quel moment dans le cabinet de travail où il se tenait la plupart du temps...


Pietro Barbetta, «Invenzioni linguistiche nel mondo del delirio (Louis Wolfson)», "Il Manifesto", 10 agosto 2012
Extraits… Per questa ragione Wolfson è indicato come l'inventore del walkman. L'invenzione si rese in certo senso necessaria per evitare appunto di percepire la lingua madre, nei momenti in cui il giovane era interpellato. Potremmo...


Marco Baldino, «Deleuze: un metodo per spingersi fuori»
Extraits... Deleuze discute il libro di Louis Wolfson, Le schizo et les langues (1970). Wolfson stesso è schizofrenico. Tema del saggio: il “procedimento” messo in atto da Wolfson per governare la propria esperienza o, per essere più ...


Kevin McCann ,«The Wolfson Syndrome»
Extraits... In a sense, this is what Wolfson does, wholeheartedly joining ranks with anyone who might treat him reductively or dismissively. This doesn’t lead to a doubling of perspective, as he abandons his own perspective entirely and ...


Louis Wolfson encore: textes [Change International, 32-33, 1977; 34-35, 1978]
Extraits... Pierre Jacerme: «La double version de Wolfson (Le schizo et les langues)»; Louis Wolfson, «L’épileptique sensoriel schizophrène et les langues étrangères ou Point final à une planète infernale»; Judith Milner, «Frontières» ...


Semiotexte: Schizo-Culture, Issue III, 2, 1978: Acker, Wolfson, Deleuze, Lotringer....

Semiotexte: Hatred of Capitalism: A reader [ed. by Chris Kraus and Sylvère Lotringer, 2001].

Louis Wolfson, More Problems in the Sky!: ‘Full Stop for an Infernal Planet or The Schizophrenic Sensorial Epileptic and Foreign Languages’, Semiotext(e), Schizo-culture, Issue III, 2, 1978.

Louis Wolfson encore: textes [«Change International» 32-33, 1977; 34-35, 1978]

Louis Wolfson in Portorico (video)
Premières images filmées de Louis Wolfson à Porto Rico (selon ses directives), interventions ...


Wolfson: «lumière blanche», “Change”, 1977,

“Wolfson, n”. http://gconse.blogspot.it/2012/09/wolfson-n.html
"moi, je ne suis pas fou!" 1977


Albert Fontaine, «Pour une lecture de Louis Wolfson», “Littoral” 23/24, Oct.1987, pp.73-102.


Louis Wolfson avec sa mère, Rose Minarsky-Brooke, en 1934.


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