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Transmoderno. Un nuovo paradigma | Kasparhauser IV
A cura di Marco Baldino




La ricerca di R. M. Rodriguez Magda
di Victoria Sendón de León

(Traduzione di Francesco Forini)


20 giugno 2013


Gli stessi discorsi che servono per disfarci dei miti antichi,
si convertono nella stessa maniera in nuovi miti ugualmente dannosi

Rosa M. R. Magda

I bagliori di una nuova epoca, con il loro appello a nuove fondamenta teoriche, erano già presenti nel cammino intrapreso da Rosa M. R. Magda, nel 1989, quando pubblicò La sonrisa de Saturno, (1) il cui sottotitolo è rivelatore: “Verso una teoria transmoderna”. Dunque già lì erano gettate le basi ed era nominato ciò che più tardi sarebbe divenuto il punto d’approdo della sua ricerca: Transmodernidad, (2) un’opera ricca di contenuto e pensiero sistemico: se la Postmodernità costituisce il pensiero fin de siècle, la Transmodernità mira ad una fenomenologia del nuovo millennio.

Un lavoro come il suo, rispetto ad altri pensieri e accadimenti culturali del nostro tempo, può essere solo il risultato di una permanente attenzione portata sul presente. E di ciò abbiamo testimonianza nel suo lavoro di direzione della rivista Débats, (3) le cui presentazioni presuppongono la conoscenza profonda di ogni singolo caso trattato, nel quadro delle varie monografie. Senza dimenticare le opere scritte tra l’uno e l’altro numero della rivista (4) e senza dimenticare il Seminario de investigación che si svolge nella città di Valencia, da cui appare tutta la curiosità intellettuale di R. Magda e le sue esemplari, per non dire illuminanti, capacità analitiche.

Nel primo libro in cui è presente il riferimento al transmoderno, è già anche presente una riflessione critica nei confronti sia della Modernità, sia del pensiero debole della Postmodernità, che si conclude con la provocazione di Baudrillard: “E se non si cercasse di opporre la verità alla speranza generalizzata come il più vero del vero? E se tutto questo non fosse né appassionante né esasperante ma terribile?” (5) Tuttavia, per R. Magda, questa proposta, davvero nichilista, era del tutto insufficiente. La superficie, l’apparenza, l’artificio come ambito della seduzione, senza altri retroscena, come se si trattasse di una successione di sequenze filmiche che finiscono quando si spegne lo schermo, accendono un segnale d’allarme per la sua ribellione intellettuale: “Malgrado ciò, il film è reale” – cosi dice l’autrice, ed apre tutto un nuovo spessore di ricerca.

All’improvviso, invece di seguire una traiettoria lineare, mi viene in mente di rilegge il finale della Transmodernidad per cercare d’intuire, di comprendere, il processo di maturazione vissuto dalla nostra filosofa lungo tutto il suo cammino. Effettivamente, il suo ultimo capitolo, lei lo intitola: «Più niente del niente». In un primo momento mi sorprendo, però ricordo che questo ‘niente’ aveva un altro senso che in Baudrillard. Mi concentro sulle mie sottolineature, sulle annotazioni stese in un’altra lettura e scopro quello che lei chiama “vacuità” dietro il ‘niente’.
Sì, certamente si deve superare il nichilismo come forma ingannevole che occulta e trivializza l’esperienza radicale, però più in là non comincia a lampeggiare, il reale ma il niente stesso. (p. 190)
Alla fine del capitolo, R. Magda polemizza con la dualità dell’Occidente a fronte dell’unità del pensiero orientale. La dualità parmenidea dell’origine — l’Essere è, e il non Essere non è — di fronte al non dualismo del Tao te King di Lao Tse, il quale stabilisce l’unità fra l’Essere e il non Essere. Nella tradizione orientale il non Essere non è il Nulla occidentale, ma si riferisce ad un vuoto che eguaglia tutti gli esseri in un’unità sacra. Non in là ma in qua. Un vuoto originale confermato dalla fisica attuale in ciò che si è chiamato il campo punto zero.

In questo capitolo si passano in rassegna mistici cristiani, filosofi come Heidegger, Sartre, Nietzsche, la tradizione zen giapponese o il percorso del buddismo medio, concludendo che “ci situiamo più vicino a noi stessi nella vacuità che non nell’autocoscienza”. Come sintesi transmoderna propone una fenomenologia dell’assenza, concetto il cui senso negativo si riferisce alla nostalgia di un Fondamento, all’angoscia esistenziale o ad un nichilismo nietzscheano, che devono essere dimenticati. Nel senso positivo, postula l’assenza come la vacuità che sostiene l’apparente consistenza delle cose. Un’assenza che nella nostra tradizione necessita di un ontologia, una gnoseologia, una etica ed una estetica proprie.

In definitiva, la sintesi dialettica fra la Modernità e la Postmodernità che, in questa fenomenologia dell’assenza che propone Rodríguez Magda, darebbe luogo alla Transmodernità, porta più in la sua riflessione e cerca di salvare il divario esistente fra la filosofia occidentale e quella orientale.


La sintesi transmoderna

Il concetto di Transmodernità che R. Magda immette nel dibattito attuale, viene concepito all’interno dello scenario globale, che l’interconnessione converte in translocale. Allo stesso tempo la cultura locale ed il cosmopolitismo si fondono, non nel multiculturale, ma nel transculturale, a mo’ di sintesi dialettica. Anche la società dell’informazione si trasforma nella società della conoscenza, non nel senso di scoprire la verità per mezzo dei fenomeni (adaequatio), che ha costituito il fine della Filosofia dell’Occidente, ma nel senso che la conoscenza si misura dalla trasmissibilità o quantità di conoscenza che si trasmette: ciò che non è trasmissibile non conta. Si vanno delineando sradicamenti epistemologici.

La transmodernità potremmo situarla nella sintesi che partendo dalla tesi della Modernità e dall’antitesi della Postmodernità, supera entrambi i termini in un concetto nuovo che è la Transmodernità. Un concetto che indubbiamente corrisponde ad un tipo di società e di cultura che si inscrivono nelle due tappe precedenti. Se alla società industriale corrispose la Modernità e alla postindustriale la Postmodernità è la transmodernità che corrisponderebbe al nostro mondo globalizzato.
Se la Transmodernità ci appare come sintesi dialettica della tesi moderna e l’antitesi Postmoderna, certamente ciò accade in modo light, ibrido e virtuale proprio dei nostri tempi. Ironicamente, a fronte delle pretese hegeliane, non come un dispiegamento dell’Assoluto, ma costituendo il suo onnipresente svuotamento; non come una vera realtà, ma come virtualità reale; abbandona la struttura piramidale e arborescente del Sistema, per adottare il modello reticolare della appendice replicante. (6)
Quanto alla sua formazione accademica l’autrice è figlia di una tradizione moderna, però la sua avventura intellettuale s’inscrive generazionalmente nella fioritura del postmodernismo, situandosi in una posizione privilegiata in rapporto ad entrambe le tappe. Andando così ad analizzare lucidamente le basi teoriche sia dell’una che dell’altra tradizione, separa ed analizza le insufficienze e le contraddizioni di ambedue le correnti. Da questa prospettiva Magda realizza un percorso critico per concetti come ragione, libertà, uguaglianza, fraternità, i diritti ed i doveri, la politica, la città, la cultura europea, l’etica e l’estetica, tramutando così il suo libro Transmodernidad in un caleidoscopio dai riflessi multipli, che mostra i diversi aspetti del nostro mondo attuale: “Descrivere il nostro presente è l’inizio di una diversa configurazione epistemologica, di una serie di sradicamenti epistemici generati da un nuovo paradigma”. Se il nucleo epistemologico della Modernità è stato la Ragione, e quella della Postmodernità lo smantellamento delle grandi narrazioni, il suo lavoro consiste nel risolvere l’episteme propria della novità che lei stessa chiama transmoderna.


La sfida di un nuovo paradigma

È chiaro che Rodríguez Magda opera una descrizione fenomenologica degli sradicamenti epistemici che ci offre l’evoluzione dei nostri tempi, tuttavia la sua ricerca non termina lì, ma si tratta di pianificare la ricerca del nuovo paradigma che identificherebbe il contenuto che definirà la transmodernità.
Insistiamo nel pensare politicamente ed eticamente con nozioni moderne, ripetiamo sia culturalmente che esteticamente i temi postmoderni, riflettiamo sulla globalizzazione con la perplessità di questo andare e venire tra entrambi i paradigmi finiti. La realtà è diversa, urge un pensiero transmoderno, se vogliamo comprendere ciò che sta succedendo è necessario pensare alla Globalizzazione nel paradigma della Transmodernità. (7)
Tuttavia, il traveling impeccabile con il quale la nostra autrice ci mostra la fermentazione di un mondo che cambia al ritmo della globalizzazione e della fibra ottica, ha incontrato un ostacolo imprevedibile nel crash del 2008. A volte questa profonda crisi sembra interrompere il corso di una storia che verosimilmente non procede dialetticamente, ma in modo discontinuo, a causa dell’irruzione di ‘eventi’ non previsti, come evidenzia Foucault nella sua Archeologia del sapere. (8) O forse nessuna mappa coincide mai con il territorio. Sia quel che sia, il cambio di paradigma, così come lo pianifica l’autrice, sta nel sentiero dell’“oltre”, quindi come afferma in varie occasioni, “è il momento delle trasformazioni”. Quello che si verifica è che questa trasformazione risulta essere molto più profonda di ciò che abbiamo immaginato.

Un paradigma, come lo definì Thomas Kuhn, è un modello scientifico che per un determinato periodo ci serve per spiegare il mondo, per comprenderlo e gestirlo. Chiaramente la nozione di paradigma è estendibile al campo sociale, a quello politico, artistico, e culturale in generale, per fortuna che il paradigma dà senso ad una realtà e normalmente serve a varie generazioni.

Il paradigma che indica la transmodernità, senza dubbi comporta sia elementi della modernità sia elementi della postmodernità, però non tanto come sintesi, bensì come mutazione, come metamorfosi globalizzata. Ciò significa che nessuno dei presupposti che ci sono serviti per transitare in un’epoca si possa convertire come dogma di una nuova, dove si trasformerebbe in mito, capace di impedirci di continuare a pensare in modo critico nella nuova fase.


Continuare a pensare

Qualunque siano le sfide presenti e future o gli effettivi segnali dell’identità transmoderna, nella crisi e oltre la crisi, ciò che mi è chiaro è che ogni novità costituisce, per la filosofa Rosa M. Rodríguez Magda, una sfida intellettuale. So che non ella non tende ad adagiarsi su idee già elaborate e che il suo concetto di Transmodernità è sufficientemente aperto per pensare l’‘inversione critica’ del momento presente. Talvolta questa inversione la porta ad approfondire la sua ontologia dell’assenza, più prossima alla trasformazione quantica che non alla sintesi dialettica. Questo sarebbe un punto di partenza che, come propone l’autrice, ci porterebbe a concludere che l’Essere è, in ogni caso, un punto di arrivo, e che i nostri concetti di realtà mancano di tocco di impermanenza, il che farebbe del transmoderno un modello instabile e insostanziale “secondo il quale pensiamo la microfisica, la cosmologia, lo spazio mediatico, la macroeconomia, la geopolitica, la società della conoscenza, cyberontologia e anche le relazioni personali.” (9)

Penso a Rosa M. R. Magda come a una ‘filosofa sentinella’, una ‘filosofa delle urgenze’, che continuamente osserva la realtà circostante e l’analizza secondo parametri sia logici sia intuitivi, alla ricerca di nuovi concetti, perché questa è la vera funzione della Filosofia. E rimarrà sempre questa:
I filosofi rinunciano a essere profeti, e ci rallegriamo, i politici abbandonano le ideologie, i cittadini smettono di credere nei politici, e il mercato sembra non abbia bisogno né dei politici né degli Stati né delle grandi teorie. Intanto, noi, una manciata di anacroni, ci riuniamo nelle università, nei parlamenti, nelle pagine dei libri, a pensare che è ancora necessario pensare… (10)


(1) R. M. Rodriguez Magda, La sonrisa de Saturno, Anthropos, Barcelona 1989.
(2) R. M. Rodriguez Magda, Transmodernidad, Anthropos, Barcelona 2004.
(3) http://www.alfonselmagnanim.net/revista-debats
(4) Si veda: http://rodriguezmagda.blogspot.com.es/search/label/biobibliografia
(5) R. M. Rodriguez Magda, La sonrisa de Saturno, cit., p. 155.
(6) Ivi, p. 33.
(7) Ivi, p. 6
(8) M. Foucault, Arqueología del saber, Siglo XXI, Madrid 1979. (Trad. it., L'Archeologia del sapere, Rizzoli 1969).
(9) Ivi, p. 213.
(10) Ivi, p. 80.



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