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La volontà generale e il male
di Marco Baldino

23 giugno 2014


Rousseau riteneva che, attraverso il contratto, se ci si sottomette non a un individuo o a un gruppo ma alla volontà generale, verrebbe a ristabilirsi nel diritto l’eguaglianza naturale. Tuttavia avere qualcosa in uso non è affatto lo stesso che possederla — non sapevano ciò bene i francescani all’epoca delle dispute sulla povertà? In più va detto che Rousseau riteneva che gli uomini fossero naturalmente uguali, non naturalmente liberi, e questo — lo dico a nome dei miei simili — lo trovo un po’ offensivo.

Dubito grandemente che qualcosa come una libertà originaria possa essere ricostituito nel diritto, che è invece il modo di sopprimere sistematicamente e l’una (la naturalità) e l’altra (la libertà). Sicché nemmeno una supposta eguaglianza, proprio in quanto naturale, potrà mai ricomporsi nel diritto. E poi che altro potrebbe significare quest’eguaglianza “naturale” se non un’uguaglianza nella libertà? un’uguaglianza nell’esercizio dell’arbitrio? Sicché una rinuncia a se stessi dinanzi alla volontà generale può significare una cosa soltanto: la rinuncia alla propria libertà originaria.

Certo, dice il rousseuiano, ma ciò è fatto in cambio di qualcosa di più grande. Di più grande! Ebbene, questo grande valore è come il cosiddetto assegnato del 1789, un simulacro di carta mediante il quale la comunità, costituitasi in stato, consente, in cambio della cessione dell’originaria eguaglianza nell’arbitrio, di prelevare, ogni tanto, un quanto di libertà sotto forma di un’attuale eguaglianza nel diritto — ad esprimere un voto.

Non penso vi siano alternative. Tuttavia il diritto non restituisce niente dell’originario ed è auspicabile anzi che lo riduca, lo condizioni. Ma l’originario, la natura, non può essere soppresso del tutto senza cancellare, nello stesso tempo, anche l’uomo. Ogni tentativo di rimettere in gioco la libertà, a qualsiasi titolo, in qualsiasi misura, rimette infatti sempre in questione quel fondo apparentemente soppresso che è l’esercizio dell’arbitrio o, in altre parole, l’esercizio animale del ‘male’.


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