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Il mondo del “noi”.
Intersoggettività, empatia, comunità nella prospettiva fenomenologica

di Daniele Iannotti

6 giugno 2015



L. Tundo Ferente (ed.), Il mondo del noi. Intersoggettività, empatia, comunità nella prospettiva fenomenologica, Studium, Roma 2014, con saggi di: L. Tundo Ferente, D. Woodruff Smith, G. Vanier, D. Bandiera, S. Bertolini, E. Baccarini, G. Rizzo, O. Höffe, Z. Davies, T. Perrone, M. Meletti Bertolini. [1]


Una polifonia di contribuiti il cui intento è sondare, attraverso uno scavo approfondito, le varie articolazioni che il tema dell’intersoggettività incontra nella prospettiva fenomenologica, partendo da Husserl ed approcciando altri autori della medesima tradizione. Nell’esperienza che il soggetto ha degli altri soggetti, la quale costituisce una vicenda complessa formata da una molteplicità di relazioni e di interconnessioni proprio nel tessuto intersoggettivo che da sempre innerva la comunità fenomenologica, il soggetto è colto (da altri) e si auto-coglie come immerso in questa trama intersoggettiva, ben rappresentata nell’articolazione interna dei saggi:(cognizione, comunicazione, comunità etico-sociale, relazione politica, empatia.

Laura Tundo Ferente sottopone a disamina il tema dell’intersoggettività. L’abbrivo è costituito dalla costituzione dell’altro io attraverso la Paarung analogica con la percezione di sé, mediante la quale si giunge a percepire l’altro come corpo fisico e psichico, essendo questa coscienza che percepisce l'altro una “coscienza originale” (cfr. pp. 17-18). Questo statuto originario della coscienza del soggetto evidenzia necessariamente una immediatezza auto-evidente con la quale l’altro è appercepito. Attraverso questa analogia non solo l’altro è colto nella sua datità di corpo fisico (Körper) e corpo psichico-fisico (Leib), ma anche come altra soggettività latrice di senso e cultura (cfr. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane). Questo meccanismo analogante prosegue con la apprensione della «concordanza fra il comportamento fisico altrui e il nostro» dalla quale emerge che gli altrui «gesti ed espressioni del corpo, [sono] diversi ma omologhi coi nostri» (p. 19). Chiaramente, il richiamo più forte ed immediato è proprio costituito dall’Einfühlung con la quale l’estraneità dei vissuti altrui, che resta irriducibile, si offre alla appercezione del soggetto e con essa l’unità psichica e di coscienza della quale tali vissuti sono espressione (spesso somatica) esteriore. Il testo prosegue con una attenta analisi del tema empatico, evidenziando anche le differenze endogene emerse all'interno della fenomenologia nell'approccio a questa grandezza.

Sempre con riferimento al dettato husserliano, invece, si passa alla disquisizione del tema comunitario condotto col medesimo rigore di quello precedente. Senza attraversare questa disamina per ragioni di spazio, osservo solo come l’autrice colga l’aspetto essenziale sostenendo: «l’appaiamento associativo produce anche l’esito, [...], che l’io non può essere pensato senza gli altri e senza le cose» (p. 24). La relazione che si istaura tra io e altri e io e le cose è di tipo primariamente corporeo, ma sempre in un comune mondo-ambiente al quale tutti si soggetti paritariamente co-appartengono (cfr. Ivi). Il paragrafo termina con la citazione molto pertinente del Manoscritto inedito codificato con C XVII nel quale emerge proprio il riferimento a questa co-soggettività inseparabile dei vissuti di io e altro, delineando perciò una "intersoggettività trascendentale" (cfr. Meditazioni Cartesiane).

Altrettanto pertinente è il paragrafo dedicato all’oggettività mediante il quale si affronta il tema di una comune esperienza di un medesimo oggetto che dunque fonda l’ontologia sociale husserliana sulla base di una priorità della «forma di relazione involontaria, non intenzionale né riflessiva, che precede l'incontro effettivo con l'altro e l'attivo cooperare umano» in una struttura orizzontale della comune esperienza del mondo (p. 26); perciò, al contempo, è il tema della passività dell'io come totalità dell'esperienza percettiva e «pre-predicativa, fino agli atti involontari e non-intenzionali» (p. 27) e perfino come regno dei nessi associativi che risulta centrale nel dispiegamento della teoria intersoggettiva su basi fenomenologiche.

L’argomentazione prosegue giungendo a giustificare in modo articolato la priorità della comunità rispetto alle identità dei singoli proprio attraverso questo meccanismo di co-implicazione che già da sempre precede l’attività della coscienza e finanche la fatticità ontica dei soggetti. Messo a fuoco questo denso corpus antropologico, il percorso si inerpica sul percorso della declinazione della socialità e attraverso di essa del politico (lo Stato) giungendo alla conclusione che è la comunità, nel senso descritto in tutta la prima parte del saggio, ad essere prioritaria rispetto alla socialità (cfr. p. 37); detto in altri termini, è la condizione intersoggettiva a precedere, ed in certo senso a fondare, la dimensione etico-sociale ed etico-politica. Tali considerazioni aprono la strada per una disamina approfondita delle tematiche della comunicazione e del riconoscimento coi quali si spiana definitivamente la via per una trattazione etico-politica delle intuizioni fenomenologiche.

Il saggio dunque pone in essere una prospettiva esaustiva e puntuale circa l’ampia portata del tema intersoggettivo negli scritti fenomenologici non solo husserliani, incrociando nelle sue proposte argomentative anche le acquisizioni speculative degli ultimi inediti del padre della fenomenologia.

Il secondo contributo è offerto dal fenomenologo statunitense D. Woodruff Smith, per il quale i valori che sottendono alle scelte pratiche dell’agire degli individui in realtà sarebbero il frutto di una nervatura intenzionale la cui struttura è condivisa empaticamente tra i soggetti umani. Centrale è la semantica del termine artifact in relazione ai valori. Proprio perché condivisi, essi rappresentano una oggettività in seno alla comunità delle coscienze, un universale kantiano. Ovviamente, la costruzione finale dei valori è invece determinata da un apporto deliberativo del soggetto e da una dimensione di costruzione sociale e dunque intersoggettiva degli stessi. Rispetto a tali assunzioni, il terzo saggio (di G. Varnier), si pone in rapporto dialettico specialmente rispetto alla convinzione secondo la quale possa essere tradotta in termini sociali ogni qual si voglia forma intenzionale legata al soggetto. La discriminante del linguaggio è per l’autore il veicolo attraverso il quale queste forme di «pro-valori» si costituiscono per divenire «valori dotati di capacità universali e vincolanti» (p. 90). Centrale, anche per comprendere il rapporto tra identità e intersoggettività, risulta a mio avviso la tesi, correttamente corroborata dal docente, di una duplice interdipendenza tra soggettività (nei diversi individui che parlano e che sono coscienti) e intersoggettività (la comunità) tipica delle forme di vita più evolute socialmente, ed ovviamente di quella umana (cfr. Ibidem).

Il saggio successivo si incentra sull’importanza intersoggettiva della immaginazione in relazione alla determinazione della Fremderfahrung. Il particolar modo, in effetti, l'immaginazione risulta centrale per “mettersi nei panni dell'altro” partecipando alla sua visione del mondo (cfr. p. 111). Il contributo di Simona Bertolini, invece, si impernia sul sentiero di una possibile conciliazione tra il pensiero hegeliano e la fenomenologia husserliana trovando come interlocutori di questo dialogo non solo P. Ricoeur (la cui formazione risentì di entrambe le matrici) ma anche in E. Fink, per il quale l’intersoggettività è innanzi tutto data attraverso la storia, e poi da un corpus di abitudini e specificità. L’altro è sempre un particolare essere umano, col suo genere sessuale ed il proprio ruolo anche sociale (cfr. pp. 128-29). Questo percorso di ricerca potrebbe destare lo sconcerto in certi settori dell'ortodossia fenomenologica, ma in realtà il legame tra Hegel e Husserl è molto profondo ed in questo saggio emerge con chiarezza e lucidità uno dei possibili punti di contatto tra i due grandi maestri.

L’intersoggettività, prima ancora che una dimensione etico-sociale è prima di tutto una realtà antropologica. Il saggio di Emilio Baccarini intravede correttamente nella motivazione la scaturigine della manifestabilità degli atti che il soggetto palesa, in primo luogo a se stesso; essa dunque rappresenta il canale più originario attraverso il quale si dà la certezza della coscienza quale polo noematico di vissuti soggetti e intersoggettivi. Sono molto concorde quando il docente rileva come sia la personalità il tratto distintivo della valutazione etica, citando a sua volta Husserl stesso (cfr. p. 135 e Husserliana XIV, pp. 175-176) e tale personalità è data soprattutto dal dato fenomenologico della relazione che tale soggetto ha con altri. Emerge dunque una persona che è ricettiva, patica nella stessa misura nella quale è attiva. Tuttavia, questa occorrenza non deve condurci ad accantonare l'aspetto monadologico, tutt'altro, poiché come scrive E. Baccarini: «L’intersoggettività è certamente Ich-Du-Beziehung, ma è sempre Intentionale Beziehung e quindi ha come polo noetico sempre una soggettività monadica» (p. 143). Non c’è dunque nessun tipo di fusionalità né una reciprocità formale poiché è il nesso — la relazione — a contare come giustamente rileva il cattedratico.

La prima parte del volume si conclude col saggio di G. Rizzo, il quale, interpolando preziosamente Wittgenstein, indaga lo stesso concetto di motivazione in relazione però alle leggi della causalità e dunque pone in risonanza questa grandezza con le indagini sulla naturalità che certo non sono estranee alla pratica fenomenologica. Emerge comunque con chiarezza come tale percorso debba svolgersi sul crinale tra il categoriale ed il pre-categoriale, liberando la scienza dal suo attaccamento feticistico rispetto a forme e simboli. In effetti, i concetti scientifici si «costituiscono in virtù di forme, tendenti al limite, di raffinamento delle nostre attività di maneggio di enti che si danno in carne e ossa» perciò «la nozione di causalità si presenta come una limatura di quelle attività del soggetto che presuppongono nessi motivazionali, soggetto-dipendenti» (p. 159). Mi sembra che l'intento di articolare una giustificazione dell'etica nel suo statuto di scienza fenomenologica sia ben riuscito e pertinente.

La strada dell’etica ormai dischiusa si arricchisce del contributo di Höffe che riflette proprio sulla nozione di comunità che fonda la società politica e multinazionale costituita dall’Europa, attraverso una lunga digressione storico-critica sulle fondazioni di questo rimando.

La seconda parte del testo si concentra invece sul tema dell’intenzionalità e prende l’abbrivo da un secondo saggio di G. Rizzo nel quale lo studioso si sofferma a considerare ulteriormente la critica al naturalismo condotta da Husserl. Una analisi densa sui concetti della coscienza e del suo concreto operare nel mondo, così come sul tema dell'appercezione, costituiscono l’ossatura di questo saggio. Su questa linea interpretativa, viene rilevato come l’empatia dà origine ad un rapporto non naturale in quanto mediato da fenomeni interpretativi e questo rende quanto meno parziale il tentativo fisicalistico di racchiudere la complessità del fenomeno morale in dati fissi o in segnali codificati, ad esempio, dai neuroni specchio (incapace di distinguere tra una azione intenzionale ed una solo meccanicamente riprodotta, per esempio da un robot) (cfr. p. 230).

Con Z. Davies la parabola compiuta dai precedenti contributi dal livello pre-antropologico, antropologico, etico e sociale giunge al proprio culmine attraverso la traccia di una analisi politica. Qual è il valore degli atti solidali in quanto specifici atti politici? Qual è il fondamento dell'obbligazione verso l’azione? La risposta è data dall'autore nella centratura gravitazione della politica sul “politico”, ovvero sul ruolo della comunità e sul suo potere vincolante che le è proprio (cfr. p. 277) e questa proprietà è inferita sulla base di una acuta analisi di tipo fenomenologico.

Il contributo di T. Perrone indaga le peculiarità dell’intenzionalità propugnata da M. Scheler, in opposizione a quella classica husserliana, focalizzata attorno al concetto di valore. Per il primo i valori non sono delle aggiunte fenomeniche, quanto piuttosto la condizione di possibilità per la datità del fenomeno stesso, dei veri e propri “proto-fenomeni” e quindi sono precedenti alla situazionalità del fenomeno.

L’espressione nella globalità delle proprie forme, ed in particolare quella del linguaggio, costituisce il cuore dell'ultimo lavoro qui presentato da M. Meletti Bertolini, intessuto grazie alle brillanti intuizioni di M. Merleau-Ponty. L'autrice propugna l'immagine evocata dalla metafora dei due alberi (natura e cultura/linguaggio) i quali entrambi propongono una lettura del mondo per immagini che si compenetrano l’una con l’altra. Il vivente e il pensante sono compartecipi, seppur su piani diversi, dello stesso movimento (cioè la relazione) di espressione. Dunque esiste una continuità tra natura e spirito, che si traduce come interconnessione nella reciproca autonomia. Si potrebbe pensare che questo sia un ulteriore tema di contatto tra l'idealismo hegeliano e almeno una parte dell’eredità fenomenologica. Tuttavia, non è questa la sede per articolare un confronto sulla base di tali rilievi.

Denso di spunti di riflessione, questo volume non solo svolge una rigorosa analisi delle diverse tematiche afferenti al macro-tema dell’intersoggettività, ma propone anche un taglio innovativo, con il quale questi contributi sono stati presentati e amalgamati. Inoltre, la scansione su diversi livelli (dal proto-antropologico al politico) mostra come, non solo la fenomenologia tout-court, ma nello specifico proprio l’intersoggettività costituisca una lascito filosofico ancora ricco di risorse che vanno tesaurizzate e magari fecondate con altre tradizioni di pensiero, seppur mantenendo quel profilo caratterizzante inaugurato da Husserl.

[1] Il volume accoglie la documentazione relativa al frutto delle ricerche svolte sotto il coordinamento di Laura Tundo Ferente: “Declinazioni etico-politiche del rapporto tra intenzionalità e natura”. Unità di ricerca dell'Università del Salento. Finanziamento Miur PRIN 2009 (2011-2013). Coordinatore nazionale A. Russo, Università di Trieste. Nello specifico, inoltre, confluiscono nel testo gli atti del convegno svoltosi a Lecce dal 6 all'8 maggio 2013 dal titolo: “Dall’Altro al Noi: Intersoggettività, Empatia, Comunità nella prospettiva fenomenologica”.






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