Kasparhauser
come si accede al pensiero





Kasparhauser

2012


Philosophical culture quarterly


Culture Desk


Périodicité


Ποίησιϛ


Materiali


General Index


Info
Il discorso di Steve Jobs agli studenti
di Francesca Brencio

9 ottobre 2011


«Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire – semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.»
(Steve Jobs)

Vivere la propria esistenza a partire dal pensiero della morte non è una novità in filosofia. Questo è un tema che ha attraversato la storia del pensiero come un filo rosso e che più o meno ha chiamato in causa autori e movimenti che sono tra loro distanti nei secoli.

Il discorso di Steve Jobs è un’occasione per richiamare alla memoria questa riflessione e soprattutto per evincere come la specificità dell’uomo riposi in due elementi: il desiderio e la morte.

L’uomo è essenzialmente un essere desiderante, non semplicemente volitivo. Nel desiderio egli sente, percepisce la tensione alla realizzazione della propria essenza; non penso ai singoli oggetti che animano il desiderio ma alla tensione che fa de-siderare e quindi riscoprire la propria trascendenza, dal momento che il desiderio è un atto originario che si muove in verticale e nel suo procedere si scontra anche con la negazione della realizzazione del suo desiderio.

Altresì, la morte è ciò che richiama l’uomo al suo essere finito. Egli, dal momento in cui nasce, è segnato dalla morte — non dall’idea della morte ma proprio dal sapere ed esperire che la sua vita arriverà ad una fine. Come diceva Heidegger, l’uomo è un essere-per-la-morte, cioè un essere che nel pensare alla morte come alla impossibilità per eccellenza contro cui urta la sua esistenza, deve compiere scelte autentiche. Paradossalmente, in quanto impossibilità suprema, la morte possibilizza ogni possibilità e in ciò chiama l’uomo ad una scelta di senso che sia fondativa. Vivere con il peso del pensiero della morte può sembrare un fardello insopportabile per ogni essere umano, ed in parte lo è, poiché esso è il pensiero più pesante tra tutti. Eppure tale pensiero può rivelarsi anche il pensiero che orienti la propria vita ed la conseguente ricerca di senso come la cifra più vera e più ricca che chiunque possa augurarsi. Nel pensare alla morte come inveramento della vita, il negativo si converte in positivo e il non senso acquista un senso.

Questo la filosofia lo grida da millenni ed è strano che, solo ora che queste parole vengono pronunciate da una figura di spicco dell’imprenditoria mondiale, possano suscitare scalpore. Forse sarebbe più auspicabile per tutti noi ricorrere meno alla mitologia della personalità, che sta occupando sempre maggior spazio sullo scenario della società e della cultura, e ascoltare di più le parole di chi ci ha preceduti nell’universo del sapere.

Credo che dalla dialettica fra desiderio e morte possa davvero nascere la possibilità per comprendere maggiormente se stessi e chi ci circonda, senza incappare in retoriche spicciole e in modelli che a breve verranno nuovamente oscurati — si sa, l’uomo ha memoria breve e ben presto il tanto declamato “siate affamati, siate folli” passerà di moda, a vantaggio (forse) della pubblicizzazione di nuovi prodotti informatici.

Non me ne vorrà Jobs né tanto meno coloro che lo amano se appunto queste parole di Epicuro all’amico Meneceo scritte più di due mila anni fa eppure di un'attualità profonda:

“Cerca di conoscere le cose che fanno la felicità, perché quando essa c’è abbiamo tutto, altrimenti tutto facciamo per possederla […]. Non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi i fanciulli e le donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l’animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è l’intelligenza delle cose, perciò tale genere di intelligenza è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù […]. È vana opinione credere il Fato padrone di tutto, come fanno alcuni, perché le cose accadono o per necessità, o per arbitrio della fortuna, o per arbitrio nostro. La necessità è irresponsabile, la fortuna instabile, invece il nostro arbitrio è libero, per questo può meritarsi biasimo o lode […]. È meglio essere senza fortuna ma saggi, che fortunati e stolti. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell’ansia. Vivrai invece come un dio fra gli uomini”.

Steve Jobs

Home » Materiali » Ethica


© 2012 marcobaldino.com